Storia sociale : Vincenzo Russo

 

La pagina intitolata Storia Sociale della Canzone Napoletana, oltre ad avvenimenti, storie, fatti e misfatti accaduti a Napoli e successivamente tradotti in canzoni ,dedica l'attenzione anche a coloro che nonostante appartenessero agli strati più poveri della popolazione furono protagonisti di eccellenti composizioni poetiche divenute celebri in tutto il mondo,e quindi meritevoli oltremodo di una meritata visibilità non concessogli in vita. Qualcuno di loro rimase letteralmente "schiacciato" dalla popolarità delle sue meravigliose opere; è nostro parere che il personaggio simbolo della "categoria" fu lo sfortunato cantore partenopeo Vincenzo Russo (1876-1904). Figlio di un ciabattino e di una donnina del popolo fu egli stesso operaio presso un laboratorio di guanti nella storica zona (oggi scomparsa) della Corsea, all'epoca un degradato dedalo di vicoli che sfociavano in via Toledo. Il giovanotto prestava la sua opera presso una fabbrichetta di guanti e tomaie per poi, a fine giornata, recarsi presso il noto teatro "Circo delle Varietà" al Chiatamone ove il qualità di sediario racimolava qualche mancia dai facoltosi frequentatori del locale.

L’urdema canzona mia

Per quello che fu un vero e proprio "testamento poetico" di Vincenzo Russo, egli oramai morente affidò al marito di sua sorella, i due unici presenti insieme alla povera madre, il compito di procurargli un foglio e un pennino, questi avendo a portata di mano solo un calendario appeso al muro ne usò il retro di una sua pagina per far si che il giovine imprimesse su carta le ultime sue frasi.Solo successivamente Eduardo di Capua, al quale poi venne affidato il prezioso documento, lo musicò con la notoria sua sensibilità e bravura, il musicista considerò quello scritto una vera e toccante "eredità" lasciatogli dal giovane amico scomparso. Abbiamo scelto la versione di Pino Mauro perché a noi sembrata la più consone visto il pathos che l'interprete infonde al testo...la particolarità di questa bella e commovente interpretazione e che l'artista la fa precedere dal prologo che il poeta dettò al cognato: "E' l'urdema canzona ce ve scrivo, / 'mparatela e tenitavella 'ncore! / Addio canzone meje, i' me ne moro e vuje restate pe' ricordo 'e me!..." Abbiamo storicamente riscontrato una vera e propria anomalia a riguardo questa canzone: essa è stata incisa in modo netto più da cantanti a noi vicini nel tempo che da quelli contemporanei o poco successivi alla pubblicazione dello spartito (1904). A parte Pietro Mazzone, Ferdinando Rubino, Franco Capaldo e Giuseppe Godono (interpreti d'epoca , ben altre 15 (quindici) versioni proposte da cantanti "moderni". Qualcuno ha scritto che interpretarla portava male...noi non crediamo a questa ennesima "baggianata" senza un logica, così come tante altre macabre e/o false leggende relative alla nostra canzone. Se un testo è bello e merita d'esser diffuso e nessun motivo è plausibile nel lasciarlo nell'oblio! Buon ascolto!