Aniello Califano

 

“Tiempe belle di una volta dove siete, voi ci avete lasciato, ma perché non tornate?” Sono questi alcuni emblematici versi della notissima canzone napoletana scritta da Aniello Califano e musicata dal maestro Vincenzo Valente. Era il 1916, e quella canzone evocava un periodo spensierato e felice del suo soggiorno napoletano, ormai un ricordo dopo il suo ritiro a San Lorenzo a Sant’Egidio del Monte Albino. L’arguto e abile maestro Vincenzo Valente seppe trovare la melodia più adatta per quei versi che Aniello Califano aveva composto dopo quel monito paterno ricevuto in sogno, e che gli consigliava di ritirarsi dalla spensierata vita napoletana. Da ricordare il profilo forse più autentico che ne trasse, all’indomani della morte di Don Aniello, lo scrittore e drammaturgo Libero Bovio nel suo editoriale su La Canzonetta: “ Il più ingenuo, schietto e sospiroso dei nostri cantori popolare è morto ieri, nel suo paesello natio, con l’anima rivolta alla gran città luminosa che per trent’anni ci aveva cantato con cuore intenerito e commosso.” I cenni biografici di Califano ci dicono che era nato a Sorrento, ma poco importa rispetto a quanto scrive di suo pugno il noto giornalista Bovio, autore egli stesso di canzoni napoletane, e figlio del filosofo Giovanni Bovio. Nel suo articolo, pubblicato su uno dei più noti periodici specializzati del tempo, così parlò dell’autore di ‘O Surdate Nammurate: “ Con la scomparsa di questo cantore, si chiude il ciclo dei geniali improvvisatori, che amavano abbandonarsi alla loro schietta ispirazione, spezzando tutte le barriere che dividono la metrica dalla poesia e il contrappunto dalla musica.” Emerge dunque un chiaro profilo dell’uomo, e soprattutto dell’autore di versi musicali in grado di determinare un’armonia non sempre facile da trovare in altri testi, anche di suoi contemporanei. Bovio continua: “Aniello Califano non conobbe la preziosità del verso e i lenocinii della forma; cantò sempre come l’anima cantava, con la più infantile grazia e con la più ingenua nostalgia di marine inargentate, di barche lontane, di marinai sospirosi e canori, e di campagnole cinguettanti ritornelli di Primavera.