Protagonisti : Salvatore Gambardella
Napoli 17/11/1871 – Napoli 30/12/1913
Fiorì la leggenda intorno al giovinetto che, ignaro di musica, uscito da chi sa qual misterioso
vicolo di Montecalvario, venuto fuori da chi sa qual povera famiglia di popolani, o di plebei
addirittura, cominciò a sbalordire la città del canto con le note del Marenariello.
Si riconobbe che colui che soffondeva di tanta melodia gli ingenui versi di un poeta ignoto,
e rinvigoriva la canzone, non ancora anemica, di un onda di sangue così giovanile, così pulsante,
così partenopeo, apparteneva a quella esigua categoria di geni autoctoni che affiorano dalla
superficie anonima del popolo per salire alto su di esso e racchiuderne in sintesi di plastica
genialità le caratteristiche doti per le quali il mondo, o una vasta parte di esso, riconosce
quel popolo, lo distingue tra mille, se ne imprime nel cervello la sagoma artistica, intellettuale,
folkloristica, umana.
La leggenda non nocque alla fama dapprima nascente, di poi sempre più vasta e solida, di Salvatore
Gambardella , anzi – come altrove e in altro campo di attività artistica, la fama di Massimo Gorki
- circondò di un aureola di gloria la popolare sua figura, il caratteristico suo ciuffo di riccioli
sbucanti di sotto al largo cappello a cencio, la sua gesticolante loquela spezzettata, frammentaria,
nella quale, pur a traverso le lacune della cultura e della grammatica, palpitava qualche cosa di
più e di diverso dalla solita chiacchiera dialettale degli uomini di media o di infima
educazione letteraria.
Fu di quella grandissima maggioranza di popolo che oscilla tra la massa schiettamente operaia e la
logorata umanità piccolo-borghese, ( una sua amorevole sorella, se non erriamo, insegnava i rudimenti
del sapere ad un numeroso gruppo di disco letti d’ambo i sessi, lassù a Montecalvario); e cominciò a
guadagnare la vita quale apprendista – qualche cosa tra il garzone e il commesso - presso un grosso
commerciante in ferrarecce 1) : ed il lungo ragazzo riccioluto alternava l’andirivieni tra i panconi
e le scancie con timide ed umili manifestazioni artistiche; strimpellava la chitarra e il mandolino,
e la sera si abbeverava alle fonti della musica…melodrammatica. Ed in un modo semplicissimo; non
aveva danaro da spendere, non aveva cultura musicale né letteraria, non aveva modo di frequentare i
conservatori, Ludovico Muratori, contadinello scalzo – si narra - si poneva sotto le finestre aperte
della scuola del suo paesello nella speranza che la voce del maestro insegnante nell’aula giungesse
sino alle sue orecchie e di là gli entrasse nel cervello. Salvatore Gambardella, più pratico e moderno,
volenteroso crumiro della scena lirica, si faceva reclutare quale comparsa gratuita per gli spettacoli
d’opera ai quali, così, partecipava e dai quali lascava beatamente discendere nella sua anima musicale
ed entusiastica la piena onda della melodia.
Ma ebbe un maestro di cui più tardi fu involontario rivale e buon compagno d’arte: Vincenzo Di Chiara.
La notorietà dal Di Chiara quale autore fortunato di tante e tante belle canzoni, è così indiscussa da
un trentennio da far ignorare, o dimenticare a quelli che lo sapevano, che il grosso negoziante di
ferrarecce, presso cui faceva le prime armi commerciali Salvatore Gambardella, era proprio Vincenzo
Di Chiara, i cui clamorosi successi di allora entusiasmavano il pubblico e l’autore,
mentre ponevano nell’animo dell’imberbe garzone una punta di tacita gelosia ch’era dettata, più
che da altro, dal desiderio di emulazione, e soprattutto dal fermento di quelle mille vaghe sensazioni
artistiche le quali aspettavano di venir fuori, di erompere dalla scorza , e di espandersi in canora e
completa estrinsecazione di arte.